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Nuove droghe per il caldo torrido: Black Books

26 Giu

Il mio rapporto con le serie tv richiederebbe svariate sessioni di analisi con uno psicoterapeuta, quindi mi limiterò per brevità alle sue tre dinamiche principali:

a) adoro le serie tv, anche e soprattutto se sono un po’ kitsch;

b) razionalmente trovo che guardare molte delle serie tv che divoro sia una spiccata perdita di tempo e che le ore impiegate per vedere una intera stagione di Gossip Girls potrebbero essere utilizzate in modo più utile e istruttivo, come analizzare una retrospettiva di film giapponesi del dopoguerra (o scrivere almeno una buona decina di post);

c) tuttavia, di fatto nicchio, continuo a guardare Gossip Girls con un sottile senso di colpa e tant’è.

I più accorti e viziosi di voi si saranno già accorti che questo tipo di dinamiche è tutt’altro che ignota e si applica, per esempio, al consumo sfrenato di dolci –  per non parlare del mio connubio latte+biscotti+Game of Thrones, ecco.

Però, anche se non è stato semplice, me ne sono fatta una ragione: a patto che le serie tv, debolezza da cultura pop inarginabile e goduriosa, rimanessero fuori dal blog.

E invece. E invece ho scoperto Black Books.

Per quelli di voi che soffrono di un problemino di dipendenza simile al mio dico subito che in tutto si tratta solo di 18 episodi da 22 minuti l’uno quindi no, non ci sfangate l’estate. Però la novità è proprio che è vecchio, non troppo noto e mai tradotto in italiano, quindi potreste non averlo mai visto. (E per quelli di voi che blabla: sì, si trova).

Perché recensirlo? Perché, poffarbacco, è la prima serie che trovo che sia ambientata in una libreria.  (Ci ho pensato un po’ e non me ne vengono in mente altre, ma sarò lieta di venire smentita.) La libreria, inoltre, è bellissima: è uno di quei tipici negozi all’inglese che vendono libri vecchi e nuovi e acquistano direttamente libri usati. I volumi sono ammassati un po’ dappertutto, persino sul pavimento, e a ogni inquadratura del locale mi lascio sfuggire profondi ooooh di desiderio.

Se la location non vi sembra sufficiente, ecco qualche altro motivo per vedere Black Books:

  1. I tre protagonisti sono tutti, in modo diverso, matti alcolisti divertentissimi;
  2. Vengono citati un sacco di libri, da Dickens al Piccolo libro della calma che è il protagonista indiscusso della prima puntata – ve li ricordate quei piccoli libri? Io li collezionavo, ehm, diciamo una decina di anni fa;
  3. Alcuni dei libri citati sono inventati e spesso ci si mangia le mani perché sono proprio quelli che ispirano di più;
  4. Quando mai non si ha il tempo per una puntata da 22 minuti?
  5. La pellicola e le riprese fanno davvero anni ’90, in modo quasi commovente. Ma la serie è invecchiata bene e tuttora si sobbalza dagli sghignazzi.

Nel caso proprio stasera dobbiate finire l’Ulisse di Joyce e siate rimasti schifati dalla pochezza di questo post scrivetemi pure, riceverete le mie scuse formali.

Non subito, però: prima ho un appuntamento urgente con la seconda stagione dei Borgias e la viennetta al biscotto.